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Appartenenza a se stessi: l’individualità e completezza

Appartenenza a se stessi: una premessa necessaria alla completezza dell’esistenza? Nulla di più inesatto! Quando il senso di individualità porta ad un profondo senso di egocentrismo nonché un distacco dalla persone care e da tutto ciò che ci circonda.

L’attuale modello sociale porta a considerare l’essere individuale come premessa necessaria alla completezza dell’esistenza. Nulla di più inesatto!

L’Io interiore prevarica ogni logica di comunione. I termini condividere e appartenere, che sono stati i fondamentali sui quali poggiava la società più evoluta al mondo (quella Greca), oggi sono estraniati consapevolmente dal nostro quotidiano. Persi ed immolati nel nome dell’interesse personale che, essendo tale, isola inesorabilmente la propria esistenza da tutto il contesto relazionale intorno.

Non pensare che questo universo sia stato creato per te, tu sarai giusto ed in equilibrio se collegandoti ad esso gli apparterrai, non sei tu il centro del mondo ma bensì tu sei dentro il mondo. Non esiste l’individuo in quanto l’individuo. Esso nasce come entità dalla relazione e dal riconoscimento dell’altro e senza questo passaggio non sapremmo neppure chi siamo.

Un naufrago a furia di parlare da solo inevitabilmente impazzisce, proprio perché gli manca il riconoscimento, ossia quello specchio rappresentato dall’altro che permette di vedersi. Non c’è cosa peggiore del non aver nessuno al quale raccontare le proprie storie.

La relazione genera l’individuo e la relazione genera l’identità, quindi si esiste essendo riconosciuti dall’altro e questo implica che quando si appartiene a qualcun altro essendo egli colui che ci permette di identificarci, si osservi anche le sue leggi e gli si appartenga corpo ed anima. L’obbedienza è la conferma dell’appartenenza, verso un padre o una madre, o quando  rispettiamo le leggi dello stato o i comandamenti religiosi.

Appartenenza ed egocentrismo: l’obbedienza delinea i confini dell’individuo!

Senza questa componente, l’individuo perde i suoi confini, che hanno una funzione anche contenitiva, e va incontro ad una “Dispersione di se” che gli creerà ansia e destabilizzazione. Di fatto possiamo affermare che nelle relazioni, creando esse l’individualità, avviene una contaminazione reciproca tra individui in quanto ognuno assume identità influenzato dall’altro.

Chi ha meno identità si assoggetta a chi ne ha di più, chi segue prende in prestito l’individualità del più forte per compensazione.

Chiunque chiede all’altro per difetto di personalità si assoggetta ad esso, e se costui non è orientato verso la vostra evoluzione, vi userà in qualche modo per i suoi fini.

L’individualità una volta costituita dalle relazioni può essere anche auto-generata applicando su se stessi le regole, ossia tutto quel sistema di leggi che decideremo di rispettare affinché si abbia una personalità e quindi una direzione. Da sempre il popolo infatti, essendo afflitto da scarsa identità, è attratto dall’uomo forte al comando, ovvero una persona dalla forte identità che gli permette di immedesimarsi nell’identità che essi non hanno.

Per effetto di questo riconoscimento saprà chi è e potrà esistere

Tornando alla dimensione di appartenenza come dimensione interiore, la comunione con l’altro è una premessa fondamentale per l’equilibrio e deve essere prioritaria rispetto alla propria individualità, altrimenti viviamo come ciechi che incedono annaspando alla ricerca di se stessi.

Oramai è chiaro che il mito della indipendenza ad oltranza è una deriva narcisistica che allontana dal senso delle cose individuale, scollegandolo con gli altri intorno a se, cosa che lo porta ad esistere in una voragine interiore.

appartenenza

Senza accorgersene si vive distanti dal partner, dai figli e da chi vive nelle nostre vicinanze, nessuno davvero appartiene a se e non si è di nessuno. Ci troviamo a vivere relazioni consumistiche superficiali nelle quali le tante finte approvazioni se da un lato adulano, dall’altro svuotano.

La mente così si deve rispecchiare da se, come appunto fa chi è in preda al delirio!

Senza accorgersene si vive una constate anormalità, il distacco dall’altro lo si considera necessario ed utile per proteggersi da ignoti pericoli derivanti dall’appagare ciò che invece per l’essere umano è vitale: la fusione nell’altro e nel tutto universale.

Ci sono casi nei quali tutto questo viene ostacolato, ad esempio nelle famiglie quando ci si scontra con i tabù dell’incesto a causa di un non superamento genitoriale, oppure impedito da un possesso autoritario del genitore, o infine per semplice scarsa affettività. Nelle relazioni da adulto invece può essere impedita dall’egoismo, dall’eccessiva fragilità che fa temere di appartenere corpo ed anima a qualcuno e quindi” ci si tiene sempre un po’ per se” ed anche in questo caso dal poco amore.

Infine è impedito dal modello sociale attuale, nel quale si appartiene si, al sistema, ma come oggetti da consumare e non da far permanere.

L’appartenenza da senso e sicurezza quando si dovrà insieme affrontare i luoghi sconosciuti dell’inconscio, per illuminare e dissolvere le dinamiche avverse, quindi se da un lato dà la sicurezza del viaggio all’allievo, dall’altro crea il contenitore nuovo nel quale travasare la relazione corretta nascente con se stessi.

Molto utile anche per frenare le resistenze al cambiamento, aggiungendo un perché affettivo alla continuazione del percorso stesso. Il dogma dell’appartenenza insegna l’amore per l’altro e chiede l’amore dell’altro presupposto molto importante per contenere le regressioni dell’allievo ed ostacolare il suo autoerotismo della nevrosi.

Inserisco l’opinione di una mia allieva oggi psicoterapeuta in Svizzera sull’appartenenza, in quanto ne spiega bene i motivi del suo esistere nell’Emodeling.

Grazie all’appartenenza che Giorgio Del Sole mi ha insegnato a vivere e che ha contraddistinto il rapporto tra me e lui, ho fatto esperienza di me stessa in una relazione sana per me, ho capito le mie mancanze affettive, ho potuto conoscere me in profondità, ho scoperto nuove cose di me, ho visto le mie ferite, ho pianto, riso, provato emozioni, ho avuto paura e ho sentito rabbia, ma ho provato anche gioia, serenità e tranquillità.

Ci sono stati silenzi che hanno dilatato lo spazio per essere ascoltata in profondità.

Grazie all’appartenenza…sono restata e non sono fuggita da me stessa, mi sono guardata e sono rimasta con me, sono rimasta in questo flusso, ho scoperto qual è per me la serenità che è una costruzione interiore che ho costruito grazie all’appartenenza…

Sono rimasta anche se in alcuni momenti ho avuto paura di non farcela ma grazie all’appartenenza…ho compreso che non sarei più stata sola perché dentro me stavo costruendo una relazione

Solida, quella che mi avrebbe guarita dalle ferite dell’anima. Questo l’ho compreso nel momento in cui ho sentito nel mio corpo un benessere, una forza e una sicurezza che mi

Hanno aiutata ad affrontare la vita con una nuova me, rinata in me stessa.

Grazie all’appartenenza… con Giorgio ho imparato a conoscermi, ho guardato il mio inconscio, lo abbiamo esplorato insieme ed ho appreso gli strumenti per starci e non scappare.

Grazie alla relazione di appartenenza ho potuto tracciare la rotta e viaggiare su una barca nel mare del mio inconscio e ad un certo momento inevitabilmente naufragare perché nelle proprie profondità questo percorso ti fa andare, cadere in questo grande e profondo mare e fare morire parti di me non funzionali senza timore o paura perché non sono sola ma ho una guida saggia interiorizzata che mi porta dove da sola potrei perdermi.

Ho potuto stare su un’isola deserta dove abbiamo costruito la relazione con amore, costanza, attenzione, presenza ed appartenenza e se su quest’isola deserta ci sono voluta stare, è perché ho compreso che qui ci si può amare ed appartenere, che è l’unico modo per poter guarire e rinascere in sé.

 

 

 

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